Non possiamo dire di non sapere.

Il presidente tunisino Kais Saied parla apertamente di “sostituzione etnica” in atto riferendosi all’arrivo sempre più massiccio di persone proveniente dal cuore dell’Africa e blinda i confini. In Europa a sua volta si parla sempre più spesso di “sostituzione etnica” e si chiede alla Tunisia di blindare i confini. Se poi il confine è il deserto accade che una mamma e una figlia muoiano di sete, perché è così che si muore in mezzo alla disperazione, in mezzo al nulla, con la temperatura torrida. Al confine tra Tunisia e Libia si muore di stento e questa foto toglie a noi occidentali ogni alibi, non possiamo dire di non sapere. Una immagine potente, decine di persone intrappolate nel deserto senza cibo, acqua, nè alcun tipo di assistenza. Non hanno documenti, sono figli di nessuno in una terra di nessuno, il deserto è come il mare, un cimitero di bimbi, donne e uomini senza identità. Una foto che squarcia il velo del silenzio, surclassa la sordina messa nel Paese da trasmissioni televisive e tg, che “sull’emergenza immigrazione” hanno costruito le fortune di forze politiche sovraniste. Oggi quei partiti sono al governo e regna il silenzio. È bastata una stretta di mano Saied, Von Der Leyen, Meloni per spegnere il fuoco comunicativo sull’invasione. Eppure si muore ancora, l’hot-spot di Lampedusa continua a scoppiare e di sbarchi siamo pieni, più ora di allora.

I Sacerdoti dell’antimafia.

E’ stata una settimana pesante, perché pesante è il ricordo di chi ha dovuto sacrificare la propria vita per consegnare alla Sicilia la speranza. Il 19 luglio abbiamo tutti commemorato il giudice Paolo Borsellino, ma le divisioni alimentate non portano onore e scadono nella becera polemica. Qui il mio articolo per il Riformista.

Salvini al governo: promette pace fiscale ma non taglia le tasse

Matteo Salvini ha lanciato l’idea di una “grande e definitiva pace fiscale in favore di milioni di italiani ostaggio da troppi anni dell’Agenzia delle Entrate”. Ha risposto un grande Ernesto Maria Ruffini, Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che meritoriamente Giorgia Meloni ha confermato qualche mese fa nel suo ruolo: “Il contrasto all’evasione non è volontà di perseguitare qualcuno. L’Agenzia è una amministrazione dello Stato, non un’entità belligerante, è uno strumento di giustizia per tutti coloro, e sono la stragrande maggioranza, che le tasse le pagano, anche a costo di sacrifici e nonostante l’innegabile elevata pressione fiscale”.
Se vuoi far pagare meno tasse, che sono effettivamente troppo alte in Italia e sei al Governo, tagliale. Metti in campo politiche che riducano la pressione fiscale, non legittimare l’evasione.
“Svolgiamo un lavoro essenziale per il funzionamento di tutta la macchina pubblica”, continua Ruffini, “perché se vogliamo garantire i diritti fondamentali della persona indicati e tutelati nella nostra Costituzione, come la salute dei cittadini, l’istruzione dei nostri figli, la sicurezza di tutti noi, servono risorse e noi siamo chiamati a raccoglierle a vantaggio di tutti. Anche di chi si sottrae al loro pagamento”.
Legittimare l’evasione senza ridurre, invece, la pressione fiscale porta a due possibili effetti: o carichi di maggiori tasse quelli che già le pagano onestamente, o tagli i diritti garantiti dalla Costituzione come l’istruzione, la sanità e la sicurezza.
Quale delle due strade intendono imboccare i “nostri eroi” al Governo?

Teatro dell’assurdo delirante.

L’arresto di Matteo Messina Denaro ha definitivamente risolto la latitanza del super boss, i Carabinieri non si sono mai fermati dopo l’arresto. Vogliono far chiarezza su altri aspetti, molti atti sono giustamente ancora secretati. Venerdì sono finiti agli arresti un carabiniere e un consigliere comunale di Mazara. Il primo si sarebbe introdotto nel sistema informatico e avrebbe sottratto dei file che contenevano intercettazioni di audio del boss e li avrebbe consegnati al secondo. Il consigliere comunale poi avrebbe tentato la via dello scoop chiamando Fabrizio Corona per vendere quei file, quindi monetizzando. L’incontro sarebbe avvenuto con un giornalista indicato da Corona e poi tutto è stato denunciato. Da lì le misure.
Questo fatto deve far riflettere. La giustizia farà il suo corso ma qui di mezzo di sono le Istituzioni. Un carabiniere e un consigliere comunale, da angolazioni diverse, rappresentano entrambi le Istituzioni. E’ delirante tutto questo, lo è di più in una terra che fa fatica ancora oggi a rialzarsi dall’impatto mediatico che i territori della provincia di Trapani hanno subito.

Affoga l’Italia tra i divieti di balneazione.

In Italia ci sono km e km di costa, buona parte di questi tratti non sono balneabili a causa di depuratori che non funzionano  o peggio inesistenti. Ancora oggi la depurazione soprattutto nel sud del Paese è lasciata al caso, parecchi scarichi riversano in mare, quindi mare e ambiente inquinato. La risposta è una sola: la nomina immediata del Commissario Straordinario Unico per la Depurazione. Il Governo Meloni è in netto ritardo su questo, non si mettono d’accordo sul nome e nel frattempo i ritardi costano cari: siamo costretti a pagare 160 mila euro al giorno a titolo di sanzione comunitaria per i danni arrecati all’ambiente.  C’è di più, il Commissario andrebbe anche a sbloccare gli appalti fermi, non si fanno infatti pagamenti alle aziende per più di 200 milioni di euro e 3 miliardi restano nei cassetti perché nessuno bandisce le nuove gare. Fare presto, allora, perché l’ambiente è un bene prezioso non barattabile con una nomina da lottizzare, le sanzioni pagate sono uno schiaffo in faccia ai conti pubblici e le opere bloccate un insulto alle imprese che vogliono investire.

A Bonelli il caldo ha dato alle testa

Non ho ancora letto la proposta di Bonelli sull’introduzione nel codice penale del nostro Paese del “reato di negazionismo climatico”, la cercherò con estrema curiosità nelle prossime ore tra gli atti parlamentari. Sicuramente sarà prevista la galera per chi si macchierà di tale reato, non una semplice ammenda, visto che agisce sul codice penale. Immagino la scena dei Carabinieri che si recano a casa di Sottocorona dopo il meteo per notificargli un avviso di garanzia, per aver negato che il caldo di quest’estate è lo stesso dello scorso anno. Immagino anche gli anziani nelle piazze dei paesini, essere passibili di denuncia per un commento su una giornata afosa o uggiosa, magari per aver disquisito sulle differenze climatiche dello stesso mese o della stessa stagione dello scorso anno. La mettiamo sul ridere altrimenti dovremmo piangere per come argomenti seri possano essere così sviliti. Ma l’impostazione “autoritaria” mostrata da Bonelli con la sua proposta, avesse detto, “in galera e buttare la chiave”, avrebbe tenuto una linea ancora più coerente e chiara, è la stessa tenuta da “sedicenti” ambientalisti nel proporre le politiche per fronteggiare i problemi che nascono dal cambiamento climatico.
Rutelli ci ha scritto un libro, ne parla spesso anche Chicco Testa, ed io condivido pienamente le loro tesi. Finché si minaccerà la galera e non si praticherà la persuasione, finché le politiche ambientaliste verranno rappresentate come vessazioni a danno dei cittadini e non come opportunità da sfruttare, non la spunteremo mai. Il consenso, non la costrizione è la migliore arma ambientalista e Bonelli e quelli come lui i migliori alleati dei negazionisti. E poi c’è sempre “la doppia morale” che caratterizza il nostro Paese: all’autoritarismo mostrato nei confronti di chi si mostra “poco ambientalista”, secondo i parametri di Bonelli, viene contrapposto il paternalismo verso “i ragazzi”, così li chiamano, che in nome dell’ambiente imbrattano i monumenti.
Manette per i primi, pacche sulle spalle per i secondi. D’altronde anche la loro stupidità è il più grande regalo fatto a chi se ne frega della qualità del nostro ambiente.

 

Il salario minimo non c’entra nulla con l’assistenzialismo.

Vorrei dire al Ministro Nello Musumeci che scambiare la richiesta di un salario giustamente commisurato al lavoro svolto, con l’assistenzialismo, è una grandissima corbelleria. L’assistenzialismo è la pretesa di percepire un reddito dallo Stato senza fare un tubo, altra cosa è la legittima richiesta di non essere pagato sotto la soglia di decenza quando ti spacchi la schiena per un lavoro che genera un profitto.
Si può ritenere che non sia il salario minimo per legge lo strumento più efficace per ottenere il risultato, si può discutere sulla soglia, ma la necessità di arginare il fenomeno del lavoro sottopagato è reale.

Rita Bernardini garante dei detenuti.

Rita Bernardini è una vera militante dei diritti umani, non ha mai cercato un posto al sole, ha visitato tutti gli istituti di pena italiani, ha incontrato i detenuti a Ferragosto, Natale, Capodanno, Pasqua, senza sosta, con dedizione e grande forza di volontà. Rita ha sempre creduto che la pena abbia una funzione rieducativa e che le strutture carcerarie vadano “umanizzate”.
Non ha mai arretrato in questo cammino di tutela e di cura per i detenuti, che significa affermazione dei diritti umani, non ha mai guardato al potere e non si è mai fatta condizionare dal populismo, ma si è sempre adoperata per l’affermazione dello Stato di Diritto.
Gli scioperi della fame portati avanti da Rita, hanno insegnato che un certo senso del potere cieco e spietato va combattuto con la forza delle idee, a testa alta, con la capacità di non perdere mai l’umanità.
Per questo Rita Bernardini è la candidata naturale a ricoprire il ruolo di Garante dei detenuti, perché senza alcuna investitura lo è stata di fatto in tutti questi anni.
Parlano per lei anche i faldoni che ha scritto per segnalare criticità e lesioni della persona e della dignità umana.
Questa nomina andrebbe soltanto formalizzata per chi, come lei, con misericordia si carica di criticità e in disagi dei detenuti e di chi lavora in carcere in condizioni spesso proibitive per la carenza di organico e di risorse.
Per questo non posso che unirmi all’istanza, già firmata da 80 accademici giuridici, che chiedono a gran voce che Rita sia indicata Garante dei detenuti.