L’intervista oggi su La Stampa di Carlo Bertini

ROMA. «Al premier Conte diciamo: ora basta con questo modo di fare. Ma siamo responsabili e al governo non mancheranno i nostri voti fino al varo dei decreti ristori e della legge di bilancio».

Senatore Davide Faraone, sta dicendo che da gennaio il governo rischia di cadere?

«Guardi, noi non facciamo penultimatum, chiediamo però a Conte di fermarsi. E stabilire il percorso più efficace per la gestione di questa unica opportunità. È chiaro che da parte nostra non ci saranno giochini che fanno venir meno i voti per le risorse da garantire ai cittadini. Ma dopo la legge di bilancio, un chiarimento su come andare avanti ci vuole. Due anni ancora così non possiamo farli, a rincorrere il premier e ad essere estranei a tutti i percorsi. Chiudiamo il processo della manovra economica, poi si tira una riga e si stabilisce come e con chi si va avanti».

Ma cosa imputate al premier in questo passaggio?

«Noi abbiamo evitato che Salvini si prendesse i pieni poteri, ma non per darli a Giuseppe Conte. Sul Recovery fund, che è una sorta di piano Marshall, vorrebbe creare una sorta di carrozzone, un nuovo ministero che esautora il Parlamento e commissaria il suo stesso governo. Non è possibile. Quei soldi andranno investiti, non “semplicemente” spesi, servono progetti seri».

E per questo avete bloccato il piano italiano sull’uso dei fondi europei anti covid?

«Noi siamo quelli che lo abbiamo per primi innescato quel piano, altro che bloccato. A luglio abbiamo chiesto in Parlamento di organizzare l’attività del governo per sfruttare al meglio questa opportunità unica. Da allora il silenzio. Poi, di colpo, spunta un’intervista di Conte per annunciare una task force e un carrozzone che dovrebbe gestire i progetti del Recovery. Il problema è che con questo modo di fare, si arriva all’ultimo minuto senza consultare parlamento, parti sociali, regioni, sindaci e neanche la maggioranza. E con una richiesta di delega in bianco. Ci vuole ben altro».

Cosa?

«Intanto un serio e rigoroso passaggio costruito in Parlamento, non un superficiale emendamento alla legge di bilancio che non voteremmo: un problema di metodo, che è sostanza. Vero che abbiamo avuto una pandemia che giustifica un potere debordante al premier, ma bisogna tornare nella normalità. Qui si vuole che stiamo zitti e votiamo sì. Così il premier dimostra una mancanza di fiducia nei confronti dei partiti e dei suoi ministri, anche se dice che sono i migliori del mondo. Noi abbiamo tirato su questo governo, lo sosteniamo, ma basta deroghe».

Voi siete contrari alla cabina di regia e ai sei manager, Pd e M5S non vogliono affidare tutto alle burocrazie dei ministeri. Sbagliano?

«Non so se considerano i loro ministri dei burocrati, noi ci fidiamo delle nostre ministre. Conte vuole sommare burocrazia ad altra burocrazia. La sua nuova struttura dovrebbe essere costruita di sana pianta, con un affidamento ad una sorta di governo ombra, fatto di tecnici». 

E sul Mes perché non avete firmato la risoluzione?

«In coerenza con quanto detto su Recovery, non firmiamo niente al buio. Stiamo lavorando nel merito di una risoluzione che deve essere chiaramente europeista. E che dica che il Mes sul piano sanitario debba essere utilizzato. Non mancheranno i nostri voti, ma il problema vero lo abbiamo con i Cinque stelle. E spero che su quel voto pro Mes si costruisca una “maggioranza Ursula” come quella che elesse la Von der Leyen all’Ue: faccio un appello a Forza Italia, spero ci ascoltino».