L’intervista di Claudio Reale al presidente dei senatori di Italia Viva. La Repubblica, 7 agosto 2020

L’obiettivo, adesso, è dichiarato. «Vogliamo un laboratorio per aggregare tutti i moderati e i riformisti che in questo momento stanno in maniera innaturale in coalizioni diverse». Cioè, senza giri di parole, per il capogruppo di Italia viva al Senato Davide Faraone, la prospettiva per i renziani a Palermo – dove da giorni i suoi uomini scalpitano in Consiglio comunale – e in Sicilia è chiara: «Vorremmo mettere insieme forze che in questo momento non sono nostre alleate – dice – come Forza Italia, l’Udc e gli autonomisti, ma anche forze che lo sono. Per esempio Pd e Movimento 5 Stelle se prevarranno le anime più progressiste e coraggiose».

Chi nei Cinquestelle?

«Giancarlo Cancelleri e io abbiamo fatto un ottimo lavoro sul decreto Semplificazioni. Pd e Leu frenavano e noi acceleravamo. Abbiamo promosso insieme il modello Genova per le Infrastruttture».

E nel Pd?

«Lavoro benissimo con Stefano Bonaccini e Giorgio Gori ad esempio».

In Sicilia?

«Vorrei evitare di fare nomi. Certo non mi piace chi sposa l’anima che nei Cinquestelle è rappresentata da Alessandro Di Battista, giustizialista, assistenzialista, no Mes, no Europa. Nel Pd è possibile questa deriva, visto che molti mettono quell’alleanza davanti a tutto. Noi vogliamo un asse moderato-riformista contro populisti e sovranisti e poi più lotta alla mafia e meno professionisti dell’antimafia».

Un asse per le Amministrative a Palermo?

«Per le Amministrative di Palermo e le Regionali in Sicilia, che si terranno qualche mese prima delle Politiche. Se ci sarà una legge proporzionale con lo sbarramento al 5 per cento nascerà una nuova forza nella quale ovviamente ci saranno anche +Europa e Azione: può fare bene».

E la sinistra sinistra?

«Quando parlo delle forze politiche che aggregherei non lo faccio per simpatia o antipatia ma nel merito, sui contenuti».

Prima dei contenuti: qual è l’identikit del candidato per il dopo-Orlando?

«È una domanda prematura. Prima bisogna discutere delle cose che dobbiamo fare».

Ad esempio?

«Ad esempio sono contrario all’idea di Bellolampo pensata come una discarica che continui a inquinare all’infinito. Bisogna spingere sulla differenziata e realizzare termovalorizzatori di ultima generazione che non inquinano e tagliano i costi delle bollette».

Su questo è difficile che troviate un’intesa coi Cinquestelle.

«Per questo dico che il punto è focalizzare sui contenuti. Parlo poi dei Cinquestelle più riformisti. Ci sono poi quelli che dicono no a tutto. Ma non ho finito: penso alla metropolitana leggera automatica fino a Mondello e alla pedonalizzazione della Favorita».

Pensando in chiave regionale cos’altro? Il Ponte sullo Stretto?

«Certo. E poi una fiscalità di vantaggio molto spinta, ridurre le Asp, un Ato unico sull’acqua magari gestito dall’Amap che si sta dimostrando seria e affidabile, gestire i beni culturali chiamando figure di qualità da tutto il mondo. Non ci spaventa navigare mari nuovi. Vogliamo far decollare la Sicilia, l’alleanza dei no non va bene. Sinistra comune a Palermo e i Cinquestelle all’Ars portano troppo spesso la bandiera del no».

Ma cosa direbbe il Davide Faraone di 10 anni fa di questo nuovo Davide Faraone, pronto a tendere la mano a Gianfranco Miccichè o ai cuffariani come Saverio Romano?

«Sono un riformista, ora come allora. Qualcuno sa dirmi le differenze tra quello che diciamo noi e ciò che dice Mara Carfagna, Carlo Calenda o Emma Bonino? Nessuna. Perché stare su fronti opposti?».

Tornando a Palermo, per il Sole 24 Ore Orlando è il sindaco meno gradito d’Italia.

«Io credo relativamente ai sondaggi. Sono orgogliosissimo di quello che è stato fatto fino a ora. Con la prossima consiliatura servirà un colpo d’ala, anche cambiando impostazione su alcuni ambiti».

Li elenchi.

«Citavo la metropolitana leggera. Poi il centro storico: bisogna creare le condizioni per investimenti più rapidi, naturalmente mantenendo la morfologia. Dobbiamo investire sul mare, sull’Oreto, anche con il coinvolgimento di privati che gestiscano direttamente. E poi le aziende dovranno produrre e ricchezza non buchi di bilancio».

Sembra il programma di un candidato sindaco.

«Non lo sono. Ma come tutti i palermitani mi sento un po’ sindaco della mia città. Sono un palermitano che ha la fortuna di lavorare a Roma con un ruolo di primo piano ma non dimentico che sono nato e cresciuto a Cruillas, allo Zen, a San Lorenzo».